Le associazioni pazienti siedano nei tavoli istituzionali

Patient engagement

La definizione delle linee guida dei Pdta deve tenere conto delle indicazioni dei pazienti. Perché l’aspetto assistenziale del Pdta, troppo spesso resta lettera morta.

L’opinione di Francesco Diomede, vicepresidente FAVO (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia) e presidente FINCOPP (Federazione italiana incontinenti e disfunzioni pavimento pelvico).

Che cos’è per lei il patient engagement?

Prima di rispondere a questa domanda vorrei precisare che sono un paziente operato di tumore al colon retto. Quindi ho vissuto e vivo quotidianamente sulla mia pelle tutti i disagi che una stomia definitiva per cancro comporta. Patient engagement significa coinvolgimento del paziente, a livello istituzionale, a livello ministeriale e a livello regionale perché ormai tutto, purtroppo, è demandato alle Regioni.

Come definirebbe il livello attuale di patient engagement dei pazienti oncologici?

Sulla carta risulta che ci coinvolgono molto spesso…(deve essere inserito sulla carta che ci coinvolgono).

Le faccio un esempio… Noi per il tumore al colon retto, alla prostata e quant’altro dobbiamo attuare i Pdta (Percorsi Diagnostico-Terapeutici-Assistenziali). Ebbene, se lei va a verificare, se i cittadini vanno a verificare, in realtà, in quasi tutte le strutture socio-sanitarie hanno attuato solo i “Pdt”, non la lettera “A”, che sta per “assistenziale”. Cioè la “A” determina la presa in carico del paziente nel pre e nel post-operatorio. Il post-operatorio è uno strumento molto importante perché molti pazienti, per esempio operati di stomia, dopo l’intervento, spesso vengono abbandonati al proprio destino. L’attuazione dei Pdta e quindi il coinvolgimento delle associazioni di pazienti, obbligatorio per applicare i Pdta, non sempre viene attuato. Ciò che è scritto sulla carta in realtà resta lettera morta.

Quali sono le criticità nel patient engagement dei pazienti oncologici? Cosa funziona e cosa no? Come si potrebbe superare il problema?

Il problema si potrebbe superare se le Associazioni dei Pazienti, almeno quelle più rappresentative, venissero vengono coinvolte nei tavoli di discussione presso il ministero della Salute, così come ai tavoli istituzionali attivati dalle Regioni. Ciò affinché all’interno dei Pdta, ma anche delle direttive che ogni Regione emana per le proprie aziende sanitarie locali e per le strutture ospedaliere, il paziente possa dire la sua e possa esserci un vero coinvolgimento del cittadino-paziente nella definizione delle linee guida che sono propedeutiche alla qualità e quantità di vita della cittadinanza.

Secondo lei tutti i player del Pdta dei pazienti oncologici sono ingaggiati adeguatamente per raggiungere un buon livello di patient engagement?

Purtroppo no. Non tutte le Regioni formano il quadro dirigenziale dei pazienti. È prevista per legge la formazione, da parte delle Regioni, anche dei dirigenti delle associazioni di volontariato. Ma anche all’interno delle reti oncologiche regionali è prevista la formazione del volontario, che io tra virgolette chiamerei il volontario “il competente”, il “paziente competente”.

Occorre avere un dirigente, un paziente che abbia le competenze, perché solo con le competenze le associazioni hanno rispetto e diritto a sedersi ai tavoli, a mio personale parere.

Perché è importante fare patient engagement? Quali possono essere i benefici?

I benefici del coinvolgimento del paziente sono palpabili, perché in un tavolo di lavoro ministeriale, dove di solito si decide, si definiscono le linee guida nazionali e per ricaduta a livello regionale anche grazie alla conferenza Stato-Regioni, che ha un’altra struttura istituzionale molto importante. Sono loro, almeno quelle della Sanità che poi attuano le linee guida per i pazienti. Il coinvolgimento è importante perché nella definizione delle linee guida il paziente può dare dei consigli, dei suggerimenti ottimali, dire e proporre delle cose che la classe medica o infermieristica, o istituzionale, quindi i dirigenti delle Regioni, delle Asl e di quant’altro non dicono perché non c’hanno pensato o non vi prestano attenzione. Occorre quindi inserire nelle linee guida delle cose diverse e innovative.

Può indicarci qualche esempio di patient engagement ottimale?

Certamente. FAVO (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia) ha fatto diversi lavori sul coinvolgimento del paziente, anche in ambito farmacologico. Non c’è solo la parte diciamo sociale. E attualmente abbiamo in itinere anche un progetto, sempre sul coinvolgimento dei pazienti per FAVO sul tumore alla prostata, sull’alimentazione e sempre sul colon retto, che è una delle patologie più invalidanti…

Quali potrebbero essere le prime azioni da compiere per favorire il coinvolgimento del paziente oncologico?

Mi riferisco in modo particolare ai dirigenti delle Regioni e delle Asl…se loro non sono convinti dell’importanza del coinvolgimento e del fatto di avere con sé e a fianco a sé un paziente competente…veramente non si giungerà da nessuna parte. Ma anche il ministero della Salute, non se ne può uscire con una rappresentanza così simbolica di un’associazione, di un movimento…per esempio, nella commissione dei Lea non c’è una rappresentanza dei pazienti.

Quanto le nuove tecnologie possono favorire, attualmente, il coinvolgimento del paziente? E quali possono essere secondo lei?

Le nuove tecnologie sul coinvolgimento del paziente hanno un ruolo per noi importante. Anzi, diciamo…è già il futuro, ma il futuro prossimo. Perché sulle nuove tecnologie e anche sull’Hta (Health technology assessment), ma non solo, quando escono dispositivi o macchine che riabilitano il movimento pelvico, sull’incontinenza fecale, sulla prostata…perché anche sulla prostata, molti maschietti se fanno biofeedback è dimostrato che quasi sempre recuperano l’incontinenza goccia a goccia…

Quindi il coinvolgimento del paziente, anche nel produrre e nel modificare…perché le aziende modificano, per esempio sull’alta tecnologia, i propri macchinari anche in base ai risultati che hanno i pazienti. Quindi il coinvolgimento del paziente è interagire, testare. Il paziente fa crescere la tecnologia. Così come in ambito farmacologico.