Coaching e tecnologia leve per il patient engagement

Patient engagement

Il supporto psicologico dei pazienti è utile per focalizzare le aree di miglioramento nella gestione della patologia. Tecnologie user friendly sono abilitanti. Il caso di successo del diabete di tipo 2.

E se il patient engagement fosse soprattutto questione di crederci?

Un gruppo di ricercatori americani ha messo in evidenza che il supporto psicologico delle persone con diabete fornito da infermieri debitamente formati nell’attività di coaching può fare la differenza per quanto riguarda diversi outcome connessi alla gestione della patologia che vanno ben oltre la classica misurazione dei valori di emoglobina glicata.

La ricerca “More than A1C: Types od success among adults with type-2 diabetes participating in a technology-enabled nurse coaching intervention”, pubblicata a gennaio 2019 su Patient Education and Counseling, dimostra come un percorso che aiuti i malati di diabete a focalizzare l’attenzione sulle barriere che ostacolano la gestione della malattia e su obiettivi conseguibili nella quotidiana convivenza con la malattia permette di raggiungere diversi traguardi in ambito clinico e, più in generale, di salute.

Il 96 per cento di 132 persone con diabete di tipo 2 di età media prossima ai 60anni e livello educativo medio alto (diploma superiore o laurea) che seguirono un percorso di sei sedute di coaching condotto da infermieri appositamente formati ottennero almeno un risultato positivo tra i cinque principali indicati dai ricercatori: adozione di comportamenti salutari, cambio di atteggiamento o consapevolezza, cambio nel livello di ingaggio rispetto alle risorse messe a disposizione dal sistema sanitario, mutamenti nella propria salute fisica o emotiva o un cambiamento negli indicatori di salute.

La principale differenza rilevata dagli esperti rispetto ai normali percorsi che puntano alla riduzione del livello di emoglobina glicata è stata quella di riuscire a far concentrare i pazienti su fattori direttamente modificabili e misurabili perché collegati alla loro quotidiana gestione della malattia. Dalla sana alimentazione, alla regolare attività fisica e alla perdita di peso, passando per il monitoraggio dei livelli della glicemia, il percorso guidato dagli infermieri è stato studiato e poi centrato proprio sulle variabili che i pazienti stessi definiscono come obiettivi per loro rilevanti.

I risultati positivi di questo tipo di intervento, che in ultima analisi ha portato i pazienti a credere sempre più nella propria forza e nel ruolo diretto che essi possono avere nel cambiare l’esito quotidiano del proprio stato di salute, sono stati raggiungi affiancando l’attività di coaching con alcune tecnologie user-friendly. Un’app online dedicata a tenere traccia dell’apporto nutritivo della propria alimentazione e un dispositivo indossabile in grado di misurare l’attività fisica  hanno contribuito a dare ai partecipanti allo studio diretta visibilità sulle proprie abitudini di vita quotidiane e, conseguentemente, a un loro più stretto ingaggio nella gestione della propria salute. Senza dimenticare che tutti i dati rilevati dall’app e dal wearable watch, connessi con i dati sanitari di ciascun paziente, permettevano ai coach di supportare lezione dopo lezione ciascun malato sugli ambiti più trascurati della gestione della propria salute.

Rilevante anche il fatto che i pazienti che riuscirono a tenere sotto controllo parametri come peso e glicemia rilevarono anche una diminuzione del classico indicatore della gestione del diabete, l’emoglobina glicata. Un risultato, quest’ultimo, che molti di essi hanno reputato come stimolo per continuare a fare esercizio fisico, a mangiare sano e più in generale stare attenti alla salute.

Ma allora qual è il vero valore del supporto psicologico centrato sulla modifica e misurazione di variabili che i malati stessi valutano come importanti nella quotidiana convivenza con il diabete e della sua integrazione con la lettura olistica dei dati real-life e sanitari di ciascun paziente? L’innesco di un percorso virtuoso in termini di patient engagement non solo con la propria patologia ma, più in generale, con il sistema salute del proprio Paese.