Centralizzazione degli acquisti in Sicilia ancora lontana

Patient Access, Value-based procurement

Sicilia, acquisti in Sanità: vince la formula locale. Centralizzare a livello regionale? Ancora troppo farraginoso. L’Hta? Un “vorrei, ma non posso”.

A colloquio con Salvatore Torrisi, presidente della Federazione delle Associazioni Regionali Economi e Provveditori della Sanità (FARE).

Dottor Torrisi, ci aiuti a capire come sono strutturati gli acquisti nella Sanità siciliana. Innanzitutto, di cosa si occupa la Centrale Unica di Committenza in Sicilia?

La Centrale Unica di Committenza (CUC) Regionale nel nostro caso non è una vera e propria centrale di committenza che agisce come soggetto indipendente, né in forma di spa né come società partecipata né attraverso una sovrastruttura posta al di sopra delle aziende sanitarie. È invece un ufficio speciale dell’assessorato all’Economia, che fa capo a un dirigente e che si occupa invero di svolgere tutte le procedure di gara, non solo di quelle in ambito sanitario, per la Regione Siciliana. La direzione di questo ufficio è cambiata di recente e attualmente ci troviamo in una fase di approfondimento delle procedure da parte del nuovo dirigente. A ciò si affianca un problema di fondo: la carenza di personale. Ed è una criticità storica che si esplicita non solo nel numero di collaboratori, ma anche nel tipo di provenienza ed esperienza degli operatori coinvolti rispetto al settore delle gare d’acquisto da svolgere. Il che si ripercuote negativamente sulla quantità e sul successo di questa attività. Ciò ha avuto per esempio conseguenze su numerose gare indette e poi annullate a causa di numerosi ricorsi, tra l’altro spesso vincenti. In ultima analisi, l’attività di questo ufficio attualmente è presente, ma non totalizzante nell’ottica degli approvvigionamenti necessari per le strutture sanitarie pubbliche.

Crede si andrà verso un consolidamento?

L’esperienza pandemica ha dimostrato ampiamente che la centralizzazione degli acquisti con tanti soggetti che si fanno concorrenza in uno stesso territorio nazionale non è un valore aggiunto. Al contrario, è un elemento di debolezza del sistema. Diversa sarebbe l’ipotesi di un soggetto nazionale , non una centrale di acquisto ma un soggetto definito come è il Commissario Straordinario, che acquista  per tutti, perché i grandi volumi in situazioni di emergenza sono auspicabili. Ciò nonostante il regime straordinario ha dimostrato come l’esperienza e l’efficienza dei provveditorati locali sia risultata essere di gran lunga la migliore e più idonea soluzione per garantire standard di approvvigionamento sufficienti. L’emergenza sanitaria ha evidenziato la debolezza delle strutture di alcuni soggetti aggregatori regionali sia in termini di risultati economici che qualitativi. Ecco perché, a mio avviso, dobbiamo ridimensionare la mera rincorsa alla centralizzazione degli acquisti investendo invero sulle competenze dei professionisti del settore.

Quindi attualmente le aziende sanitarie della Sicilia comprano secondo il modello della Asl capofila.

Diciamo in via principale sì. In Sicilia, il territorio è diviso sin dal 2009 in due bacini, orientale e occidentale. Il primo è risultato essere leggermente più dinamico e funzionale anche grazie ad un costante coordinamento degli acquisti svolto dai provveditori delle aziende di bacino, con l’identificazione di aziende capofila e con l’attribuzione di definite responsabilità, il tutto coordinato da un Direttore Generale con particolare attenzione alla materia . Questo modello operativo funziona e ha sopperito a un sistema centralizzato regionale che ancora non è decollato. Basti pensare che la totalità degli acquisti regionali urgenti per il Ssr, riferibili alla emergenza pandemica in fase 1 e 2 , tra cui  l’acquisto dei kit rapidi per i test antigenici per il Covid , delle attrezzature e dei dispositivi di protezione individuale emergenziali non sono stati svolti dalla centrale di committenza regionale ma solo da alcune aziende sanitarie delegate ad hoc e dalla Protezione Civile regionale.

Qual è il metodo di lavoro seguito?

Per contemperare le esigenze amministrative e cliniche di celerità di gare di Bacino spesso la scelta più veloce che è stata posta in essere prevede che i requisiti tecnici dei prodotti da acquisire vengano definiti dai clinici dell’azienda capofila – che sono anche i più reperibili in termini di tempistiche e di tempo disponibile per dedicarsi alle gare d’acquisto – e che i capitolati di gara vengano fatti verificare nella stesura semi-definitiva alle altre aziende in modo da avere una condivisione su tempi, le modalità, i prodotti che sono previsti. Questo metodo di lavoro ha permesso di trovare l’equilibrio tra la definizione dei giusti contenuti dei capitolati e la velocità di riuscire a mettere i prodotti a disposizione delle strutture sanitarie.

Quindi il concetto di health technology assessment (Hta) è un po’ sui generis

I modelli di Hta più evoluti, come quelli usati ad esempio in Toscana ed Emilia Romagna che fanno un’analisi delle tipologie di prodotto richieste dai clinici rispetto al bacino di utenza ed al mercato di riferimento oltre che al rapporto costi/benefici, necessitano di una verticalità direzionale in grado di tracciare la rotta e di scandirne i tempi. In Sicilia, oggi come oggi, tutto ciò non riesce ancora a decollare e dunque l’Hta rimane una sorta di “vorrei, ma non posso”.